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Legami medievali

agosto 27, 2009

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Da quando le contravvenzioni verso i ciclisti si sono inasprite io – per i soliti effetti del proibizionismo che serve solo a farti desiderare ciò che fino a poco prima nemmeno consideravi – ho scoperto li piacere di pedalare con gli auricolari che mi ostruiscono le trombe di Eustacchio.

E così ieri sera, con ben due (!) auricolari all’attivo (da vera ciclista-criminale, insomma), pedalavo immersa in una bellissima serata di fine estate, quelle che credi essere perfette per via della temperatura ideale, la luce ideale, la sensazione irreale di stare proprio bene – per poi sprofondare subito in cupi pensieri pre-autunnali accompagnati dal solito sottofondo musicale (immaginario, non auricolare) dei Righeira che cantano: “L’estate sta finendo”.

Insomma, pedalo in discesa quando la radio passa una bellissima canzone di cui – come al solito – non conosco ne titolo ne autore. Comunque una di quelle canzoni che ti mettono le ali, tanto che stavo per lasciare il manubrio per aprire le braccia come in volo quando…”un momento! Io non so pedalare senza le mani sul manubrio!” Per fortuna il buon senso – che nel mio caso si manifesta sporadicamente – questa volta ha scelto il momento giusto per farsi vivo ed ho concluso la pedalata senza grossi traumi.

Finita l’introduzione che già di suo potrebbe essere un post torno su un argomento che ultimamente mi sta frullando per le meningi: la coppia. Con i suoi pro (pochi) ed i suoi contra (devo aggiungere qualcosa?).

L’ennesima amica che si lamentava della propria vita di coppia ha scatenato una serie di considerazioni che non so come catalogare: post-femministe non mi piace – la sola parola fa rizzare i peli ad ogni essere maschile nelle vicinanze.

Pre-rivoluzionarie potrebbe andare bene se di un moto rivoluzionario fosse l’anticipazione, cosa di cui dubito visti i dogmi relazionali ai quali ci sottoponiamo volontariamente o seguendo diktat religioso-sociali.

Chiamiamole seghe mentali, va, visto il contenuto e soprattutto perché il termine accende gli interesse fino a raggiungere livelli istituzionali.

Queste seghe mentali mi dicono: ma perché al giorno d’oggi in cui tutto è “fast”, “take away” per poi “throw away”, “usa e getta”, “ricicla” ecc. l’unica costante che resta immutata, stagnante, uguale dai tempi di Renzo e Lucia è la vita di coppia?

Mi spiego meglio: prendendo per esempio il Medioevo in cui a 40 anni eri considerato un “grande vecchio” visto che la maggior parte soccombeva prima alle molte avversità della vita, il matrimonio aveva un senso: ti garantiva degli eredi che avrebbero continuato a lavorare la tua terra ed intorno ti potevi costruire una famiglia composta da nonni, zii, suocere che costituivano forza lavoro e nucleo protettivo. Ora che viviamo in appartamenti minuscoli e – salvo rare eccezioni – non zappiamo più la terra ma ci guadagniamo la pagnotta svolgendo lavoro spesso meno nobili – sposarsi a venti, trent’anni per restare poi insieme per un periodo che – miracoli della medicina vuole – può toccare i 70 anni (!), fare uno, al massimo due figli a cui lasciare 50 mq da litigarsi mi pare una grande, grandissima cavolata!

Ecco allora che – ironia della sorte – mi capita sott’occhio un articolo di Helen Fisher, antropologa americana, figura di culto per il movimento femminista (ahi, rieccoci!) americano. Uomini, vi risparmio la fatica del rizzare il pelo, quel che vi dirò vi farà amare l’antropologa: Nel suo “Why him? Why her?” sostiene che (bella scoperta, io è da anni che lo sostengo!) l’essere umano non è fatto per la monogamia a vita ma per la monogamia seriale.

Spiego meglio: L’innamoramento e conseguente disinnamoramento sono fenomeni che rientrano nella nostra evoluzione biologica e seguono cicli di quattro anni, il  tempo per concepire e svezzare un figlio. Dopo di che gli ormoni svarionano (oppure, più realisticamente parlando, tornano in parametri sani) e l’amore svanisce come una bolla di sapone. Ed inizia la – definizione mia e non della studiosa oltremare – rottura di coglioni di trovarsi vicino un partner che “a naso” no ci piace più (perché in fondo pare essere tutta una questione di ormoni e ferormoni – la “Love Cream” insegna!) mentre invece l’occhio si fa gagliardo ed inizia a sondare il terreno in cerca di nuove botte ormonali.

Stando a questi calcoli io, da quando ho rinunciato al mio stato di single, avrei dovuto cambiare già 3 partner.

Invece sono ancora qui a farmi queste seghe mentali.

Vabbè, intanto provo ad imparare a pedalare senza mani, poi si vedrà.