Rivoluzione annacquata

Maggio 11, 2011

Immersa nell’acqua, mentre riaffioro per prepararmi alla prossima bracciata, vedo passarmi davanti colui che mai avrei immaginato incontrare nella piscina di Bolzano: il Che.

In bianco e nero.

In lycra.

Ben adeso sulle chiappe marmoree del uomo-farfalla che con la solita apertura alare da aquila reale mi sorpassa sfiorandomi con le sue possenti braccia a me ormai ben note. Mica perché – come nei peggiori romanzi Harmony – mi hanno in passato stretto al suo altrettanto possente petto, ma perché spesso pericolosamente vicine alla mia testa.

Dovete sapere che nei lunghi mesi invernali passati a nuotare in piscina, io e l’uomo-farfalla avevamo stabilito un tacito accordo che ci ha permesso una pacifica convivenza altrimenti impossibile: lui nuotava sempre e comunque a farfalla impegnando tutta la corsia, io accettavo di buon grado le bracciate in testa. Come in una coppia ben rodata. Peccato che i nostri contatti si esaurissero li…

Insomma, dopo una stagione in slip rosso, l’uomo-delfino – per l’ultima nuotata prima della chiusura della piscina coperta – ha scelto uno slip recante l’effige del Che Guevara. Non mi ha stupito tanto il fatto che qualche azienda di costumi avesse scelto di produrre una linea di costumi in suo onore – ormai il Che lo trovi dappertutto – quanto l’indole rivoluzionaria del uomo-farfalla. Indole per l’altro mai manifestata quando io puntualmente protestavo con il povero bagnino di turno riguardo al sovraffollamento delle due corsie riservate ai nuotatori.

Dovete sapere che la piscina coperta comunale di Bolzano al mattino riserva 2 corsie ai nuotatori e 6 corsie alle persone che seguono il corso di Acqua-Gym per la terza età. Praticamente 6 -7 anziani che si perdono nell’infinita distesa di cloro e fino a 15 nuotatori stipati in due corsie.

Scene apocalittiche, soprattutto dopo le ricorrenze festive quando c’erano da smaltire gli eccessi gastronomici: per chi seguiva la scena da fuori dovevamo sembrare delle patetiche trote stipate nelle vasche di allevamento ignare del proprio destino. Oppure – dopo Natale o Pasqua – delle sguazzanti anatre iper-nutrite in attesa di trasformarsi in burroso foie gras… Le proteste a riguardo non hanno mai portato a nulla. Tutt’al più per qualche giorno i bagnini – stufi delle rimostranze giornaliere – avevano diviso le due corsie in una “corsia lenta” ed una “corsia veloce”. Con il solo risultato di intaccare l’amor proprio dei nuotatori maschi i quali – pur nuotando in puro stile “bradipo morente” mai avrebbero accettato di immergersi in quella per i meno virtuosi.

E così la piscina era diventata lo specchio della società attuale: magari partivi con il tuo stile, il tuo ritmo – ma poi, costretto dalla massa, ti adeguavi a quello di chi nuotava davanti a te per evitare di scontrarti con chi invece ti veniva incontro. E così ci si uniformava, chi sgarrava o tentava di andare controcorrente veniva punito con sguardi carichi di rimprovero.

Ora capirete la mia gioia quando mi si è rivelata l’indole rivoluzionaria del uomo-farfalla. Presa dall’entusiasmo gli ho rivolto la parola per la prima volta:

“Però questa battaglia l’abbiamo persa! Alla faccia del Che!”

Lui: “Come, scusa?”

“Dicevo che sarà anche che le battaglie si vincono sempre, come diceva Ernesto, ma questa delle due corsie l’abbiamo persa alla grande!”

“Ernesto, chi?”

Avrei potuto replicare che parlavo dell’individuo raffigurato sul suo didietro.

Ma intanto era già ripartito a razzo.

Ernesto con lui.

L’ottavo rapporto

aprile 7, 2011

il mio è decisamente più comodo...Se vuoi arrivare all’ottavo rapporto è tutto un lavoro in salita: col primo fatichi parecchio e non raggiungerai mai la meta prefissata. Dal terzo in poi è tutto un rodaggio, ma quando finalmente giungi all’agognato ottavo rapporto – non ti ferma più niente e nessuno.

Domenica ho ingranato l’ottavo rapporto ed ho pedalato fino ad Ora per partecipare ad un matinée musicale (anche se a scopi benefici – bevuta est!). Ovviamente trattandosi di una festa non potevo – ne volevo – presentarmi in mise sportiva.

Ho inforcato la bici e ho iniziato la pedalata passando le solite brutture cittadine quali (da nord a sud) casermoni in costruzione, depuratore, inceneritore, discarica in alto, discarica in basso, centro di guida sicura con tradizionale gara di go-kart spaccatimpani, altro depuratore e ponte mastodontico. Se non pedalavo come una Coppi in gonnella mi deprimevo.

Pedalavo, pedalavo ed intanto superavo il primo gruppetto di ciclisti della domenica: duetto formato da due amiche gore-texate da cima a fondo (caschetto in fibra di vetro e titanio escluso). Poi i tre compagni di pedalate e merende. Dopodiché un cicloamatore solitario ecc.

Dovete immaginarvi lo smacco di questi instancabili pedalatori quando si vedevano superare agilmente da una figura in jeans a zampa, golfino e scarpetta col tacchetto. E non dimentichiamoci lo chignon che faceva pendant con il nome della ciclabile intitolata all’imperatrice Sissi. Io, per me, ci sarei rimasta malissimo. Ma per fortuna una volta tanto stavo dall’altra parte e ne gioivo, mi godevo la pedalata nel silenzio interrotto solo dal canto degli uccelli e dal brusio dell’A22.

Sempre con l’ottavo rapporto, il turbo della due ruote.

Al ritorno, dopo la giornata passata tra musica e festa, stessa scena. Supero il solito gruppetto da cinque che monopolizza una ciclabile per tutta la larghezza.

“Permesso!” (L’ultima caduta mi è costata il campanello)

Sento che commentano il sorpasso ma presto il rumore delle loro voci si perde dietro di me.

Al ponte di Vadena mi fermo a bere con la borraccia di alluminio leoni gialli su sfondo verde acido, rubata alle figlie per mancanza di attrezzatura adeguata.

Arriva il gruppetto appena sorpassato, si ferma, ed uno mi dice:

“Tu, ci fai forte, eh!” (N.d.R. Altoatesino di madrelingua tedesca)

“Ha-am.”

“Che tschiro hai fatto?”

“Bolzano-Ora-Bolzano”

“Ah però…”

“Ma mica tutta una tirata, eh!”

“Ah, ecco…”

“Nooooo! Ho fatto sosta a base di Falafel e birre…”

(Un ringraziamento a quelli del Quinchos per il solito impegno dimostrato!)

Quello che le donne non vogliono – Parte 2.

marzo 18, 2011

2. Amore, Ciccina ed altri dolori auricolari

Amore,

Io ti dico “Cicci”,

tu mi rispondi “Muci muci”,

io ti dico “Fru fru fru”

tu rispondi “Smack smack smack”,

io ti dico “Mami mami”,

tu rispondi “Pio pio pio”.

Non so chi dei due è più coglione!

Flavio Oreglio – Il momento è catartico

 

Cicci. Amore. Micina. Tesorino. Stellina. Pisolino. Fiorellino. Ciccina. Amorucciolo. Coccolino, Schatzi, Mausi, Honey,…

Mi spremo le meningi ma di più non me ne vengono in mente. Ed è giusto così. Perché – dopo il maschio alfa non correttamente alfabetizzato – la donna teme solo lui, il guru dei nomignoli, il vate degli appellativi, l’amante talmente sdolcinato da far alzare pericolosamente la glicemia e scatenare una nausea tremens.

La donna, superata l’età dell’illusione – e cioè molto presto – raggiunge per forza maggiore uno stato mentale di beatitudine e rassegnazione volto alla sopravvivenza nonché alla proliferazione della specie senza sopperire ai giramenti di gonadi ad essi connessi. Con il passare degli anni e con l’alternarsi e moltiplicarsi di questi soggetti, qualcosa nella psiche femminile si altera e ci porta a non ricercare più il poeta dall’anima fragile e romantica ma il maschio Punto e Basta. Quello con cui cimentarsi nella proliferazione non fine a se stessa ma intesa come esercizio fisico. Eppure l’uomo non si rassegna, con la mente rimane al primo amore, a colei che graziava con cuscinetti a forma di cuore, foto insieme incorniciate 70 x 150 nonché una marea di tenere paroline sussurrate nel ancor più tenero padiglione auricolare.

Dopo i 30 anni, credetemi, queste parole hanno sulla donna – e soprattutto sulla sua libido – l’effetto di un cubetto di ghiaccio che va a toccare il dente cariato, una pacca sulle spalle ustionate dal primo sole, le lacrime scaturite dal dolore dello schiacciamento del brufolo sul naso.

Lasciate perdere ogni speranza, voi che tentate di entrare nel più intimo del nostro io circuendoci con nomignoli ed appellativi .

Se proprio non ricordate come ci chiamiamo, ricorrete ad un più spiccio “Ehi, tu!”.

Apprezzeremo maggiormente.

Quello che le donne non vogliono

marzo 7, 2011

 

1. Ne sommi poeti ne poetici somari

 

Iniziamo subito da un tema a me caro: L’amore sarà anche cieco ma la donna ci sente benissimo – anche quando è stracotta. Sente soprattutto gli strafalcioni linguistici   e –  leggendo – nota gli errori di sintassi, le povertà linguistiche, la fonologia distorta nonché la metrica asimmetrica, le lettere mancanti, gli accenti ballerini, la punteggiatura inesistente, la declinazione errata nonché la grammatica inventata, per non parlare dell’uso – non in uso – dell’imperfetto.

Ecco perché quando qualche tempo fa ricevetti questo sms mi si rizzarono i peli scampati alla depilazione: iniziava piacevolmente poeticamente ma quando stavo per sciogliermi e scaldarmi – ecco la doccia fredda:

“…o voglia di rivederti…”

O!

Avete capito? Uno magari si scervella per metà mattinata per scrivere un messaggio che faccia colpo, che non sia troppo invadente ne troppo superficiale, che intrighi e coinvolga il destinatario e poi mi casca sull’ “o”. Nel dubbio avrebbe potuto usare un più elegante “avrei”. Invece no, “o”! Tutto può la donna, ma non sorvolare sopra un errore così elementare, una nozione scolastica della prima ora.

Ovviamente non ò risposto!

Requiem per Silvio

marzo 1, 2011

“Non me somiglia peniente!” 

(Roberto Benigni in “Jonny Stecchino)

« Sanctus, Sanctus, Sanctus
Dominus Deus Sabaoth.
Pleni sunt coeli et terra gloria tua.
Hosanna in excelsis. »

Ecco cosa ho udito appena aperta la porta di casa mia.

Il Requiem di Mozart sparato a tutto volume dalle casse dello stereo.

Nulla in confronto a cosa ho visto:

Mia figlia riversa sul divano, in perfetta mise attrice film muto anni ’50 con tanto di dorso di mano appoggiato sulla  fronte e braccio a penzoloni. Avrebbe fatto invidia ad Ava Gardner!

Ed in bella vista un foglio strappato dal suo quaderno con la seguente frase (in rosso per aggiungere drammaticità):

“Fame! Nel paese regna la fame! Berlusconi, devi fare le valigie e te ne devi andare! Devi morir di fame – come me!”

(notare che è rimasta a casa da sola di sua volontà, per nemmeno due ore e con tanto di merenda  – a quel punto del dramma ovviamente già consumata – pronta sul bancone della cucina).

Mi devo preoccupare?

(aggiungo che la sceneggiatrice ha compiuto da poco 9 anni…)

Brucio per te!

febbraio 19, 2011

(ovvero: il nuovo inceneritore di Bolzano)

Poff-poff. Correvo appresso – o meglio “rincorrevo” – il Marathon man, il socio podista, colui che – avendone corse diverse – da quando ha saputo che mi stavo preparando a alla mia prima maratona si è preso a cuore il mio allenamento (sulla destinazione coviamo ancora qualche divergenza, lui dice che quella di Amsterdam non gli sembra la più adeguata visto il rischio di mandarla letteralmente in fumo).

Poff-poff , correre con Marathon man è pure istruttivo: single, di aspetto piacevole, ha una vasta cultura- ahimè limitata ad un unico campo: quello femminile. Sa tutto sull’orgasmo femminile, sulla ricrescita del pelo pubico, su cosa vogliono veramente le donne, sulle tette al silicone,  sui sogni segreti delle donne, ne sa pure più di me su cosa sia di moda e cosa invece passè.

Poff-poff, lui davanti, io sempre più indietro. Di solito ci perdiamo di vista ma – come in tutte le coppie rodate – prima o poi ci ritroviamo. Di solito quando lui ritorna.

Poff-poff, senza andare ad intaccare sempre l’autostima – stare dietro ha pure i suoi vantaggi: per esempio la vista sul sedere fasciato nei fuseaux da corsa di Marathon man. E poi mi evito i suoi monologhi monotematici (lui parla, io penso a respirare).

Poff-poff, arriviamo a Bolzano sud, stanca ed affannata con la scusa di commentare gli stati di lavoro del nuovo inceneritore di Bolzano lo faccio fermare.

“Poff-poff. Hai visto? Sono già arrivati al tetto (ovviamente: poff-poff)!”

“De che?”

“L’inceneritore! Il nuovo inceneritore di Bolzano. Il più bello (e costoso) del mondo! Migliaia di chili di rifiuti che verranno bruciati invece che trattati con metodi meno nocivi e più compatibili con l’ambiente!”

“Ah! Non sapevo neppure che ci fosse un inceneritore vecchio, figuriamoci uno nuovo!”

“Ma scusa, non ti sei mai chiesto dove finiva il sacchetto con i rifiuti residui – quelli che rimangono nella pattumiera dopo che hai differenziato vetro, plastica, carta, umido…?”

“Ma va! Mica differenzio io! E poi, una volta buttata nel bidone, sai che cosa me ne importa cosa ne fanno della mia spazzatura? Posso mica star qui a pensare a tutte le conseguenze delle mie gesta! Tu, invece: sai che ho letto che dalla forma del sedere si possono capire molte cose di una persona?”

“Infatti! Vai!”

“Eeeeh?”

“Accelera! Il tuo mi sta addirittura parlando! Mi sta implorando di prenderlo a calci!”

Dente per dente…

febbraio 9, 2011

Che c’è di peggio di una (lunga) attesa, (rigidamente) sdraiati sopra di una (comoda) poltrona da dentista con la lampada (scialitica) puntata negli occhi (terrorizzati) in attesa di un (seppur piacevole) uomo che vi si avvicinerà (come pochi altri osano) per frugare nel vostro più intimo profondo per poi (sicuramente) proferire di aver trovato qualcosina su cui lavorare (e con cui pagarsi le rate del Suv)?

C’è di peggio l’igienista dentale, giovane, carina, formosa, logorroica ma soprattutto…maggiorata (e strizzata dentro un’aderente maglietta aziendale xs). Per cui per tutta la durata della seduta ti ritrovi davanti (a distanza ravvicinata) quel baldanzoso insieme di prosperità  – patapim/patapum (perchè emmettevano pure un suon proprio, giuro!).

C’è di peggio: l’igienista dentale che ti parla in continuazione mentre tu sei immersa nei pensieri sull’ingiustizia della natura che può dare tanto…e molto di più può ommettere. Io faccio parte della seconda categoria, per intenderci. E quando pensavo di essere arrivata alla conclusione che manco li vorrei, due seni così…patapim/patatum, eccoli nuovamente davanti a te, in tutta la loro florida grandezza a farti vacillare nuovamente.

Costerebbero 4850 euro.

C’è di peggio: il (biondo) dentista tutto denti (bianchissimi),dritti  (precisi come le piastrelle del bagno), lucidi (effetto finale lustrata di cofano con pelle di daino) che ti guarda con sguardo profondo e con voce suadente e poi ti dice che ha notato che due denti sotto non sono perfettamente allineati (tipo caimano?). Con un semplice apparecchio si potrebbe sistemare perfettamente il difetto.

In 12 mesi.

Costerebbe 5000 euro.

“Ha!” ho proferito.

E basta.

Non mi sembrava il caso di spiegargli che se avessi avuto in tasca 5000 euro non li avrei di certo investiti in ferraglia.

Li avrei investiti in titoli più redditizi (oppure chiamiamole pure bolle finanziarie).

Due, per precisione.

(E poi vorrei vedere chi noterebbe quei due dentini storti!)

Patata ancestrale

febbraio 4, 2011

“Perché non prova la patata al Selenio?”

Domanda innocua, posta da fruttivendolo ignaro a donna-anello-mancante.

Si, perché – le donne tra di noi lo sanno ed i maschi ancor meglio – ci sono certi giorni al mese in cui la donna, essere innocuo ed amabile, torna ad essere l’anello mancante tra la scimmia e l’essere umano.

Lucy, per intenderci.

Lucy, anche se nei trattati di paleontologia  raramente se ne fa menzione ma se non ci fosse stata l’Homus Erectus si sarebbe trovato davanti ad un problema mica di facile risoluzione per uno che apriva le noci di cocco sbattendosele in fronte, è il corrispettivo femminile dell’uomo di Neanderthal, la donna prima della trasformazione da femmina di scimmia a donna.

 

Lucy

 

 

In quei particolari giorni tutte le migliorie apportate dalla natura al cromosoma xx si fanno nulle: la fronte – altrimenti mantenuta in posizione grazie a generose spalmate di costosa crema antirughe – si aggrotta ed assume quel noto aspetto minaccioso, lo sguardo perde ogni barlume di dolcezza e si fa vigile ed aggressivo, la schiena si incurva sotto il peso del mondo che sembra gravarvi sopra completamente, la voce cinguettante si trasforma in un barrito da alce in calore. La ritenzione idrica fa tendere i jeans sulle cosce e mette a dura prova i bottoni-altezza pancia della camicetta. Un po’ effetto Hulk poco prima che diventi verde, per intenderci. Secondo una mia stima nonché osservazione del fenomeno pilifero,  pure i peli crescono più folti e duri in quei giorni. Insomma, la donna torna a quell’essere istintivo ed agguerrito che fu migliaia di anni fa.

Non è cattiveria, sono ormoni.

Purtroppo, per il solito disordine cosmico, il karma nefasto, le costellazioni sfavorevoli, il fato contrario – oppure chiamiamola semplicemente con il suo nome: “SFIGA” –  in quei giorni, sul suo già difficoltoso cammino, la donna-Lucy incontra quel genere di umani che durante gli altri giorni del  mese potrebbe anche sopportare, ma che ora, in questo momento, durante questo piccolissimo istante nella storia dell’umanità, ci paiono insopportabilmente, dolorosamente irritanti. Un po’ come quella sensazione che ti sale dal basso quando sbatti con il mignolo contro lo stipite quando questi si stava giusto riprendendo dalla botta contro il tavolo. Ed allora, come per uno scherzo divino perfidamente orchestrato, eccoti pararti davanti automobilisti distratti, anziani agguerriti, madri nevrotiche, clienti incontentabili, esseri umani in generale.

Il fruttivendolo non aveva nessuna di queste particolarità, il suo problema nasceva  dal fatto che aveva sbagliato proponendomi  un prodotto che era stato modificato per introdurvi un minerale altrimenti non contenuto.  Nel caso delle patate vengono usati concimi ad alto tasso di Selenio. Un innocuo tubero che per milioni di anni ne era sprovvisto ma che – probabilmente proprio dissotterrato dalla nostra Lucy alla ricerca di qualcosa da commestibile con cui integrare la dieta composta da proteine animali  – ci ha permesso di fare un salto evolutivo mica da poco viene alterato per arricchire la nostra alimentazione con un Minerale che seguendo una dieta varia viene assunto a sufficienza. Strategie di arricchimento delle multinazionali alimentari.

Ho risposto con un grugnito ancestrale, un NO che avrà fatto rizzare i peli della nuca del venditore di vegetali, una negazione completamente incomprensibile ma al contempo assai chiara.

 Sulla patata al Valium avremmo potuto trattare, ma il Selenio – proprio no.

Fuori dal tunnel

gennaio 24, 2011

“Perché non sei più mia amica?”

“Sono stato in qualche modo scortese?”

“Dove cavolo sei sparita?”

“Perché mi hai bannato/eliminato/bloccato?”

Solo alcune delle domande che mi sono state poste negli ultimi giorni.

Non sono diventata più asociale del solito, ultimamente.

Nemmeno più stronza.

Non sono neppure espatriata nottetempo.

Mi sono unicamente e – credevo – liberamente nel pieno delle mie facoltà mentali – tolta da facebook. Uscita. Chiuso il mio profilo. Pareva facile…

“Sei proprio sicura di voler eliminare il tuo account?”

Si! Ci ho messo mezz’ora a trovare la finestra (peraltro una sotto-sotto-finestra) per farlo, vuoi che stessi perdendo il mio tempo in questo modo?

“Di a facebook perché vuoi compiere questo nefasto passo che ti toglierà la possibilità di trovare i tuoi amici e di sapere in tempo reale cosa stiano facendo.”

Guarda, facebook, quando voglio trovare i miei amici li chiamo o ci troviamo da qualche parte. E poi sinceramente non mi interessa se in questo preciso istante stiano stirando o si stiano godendo altrimenti la vita.

“Ci passavi forse troppo tempo?”

Bè, se quella mezz’ora scarsa di libertà assoluta tra cena e talamo la usassi in modo più costruttivo/istruttivo/elettivo invece che fissare uno schermo pieno di immagini e parole sarebbe sicuramente meglio per il mio già traballante equilibrio psico-fisico.

“Trovi forse facebook uno strumento poco utile, (avrei aggiunto un isterico : “eeeeeh???)

O guarda, utilissimo per ritrovare amici d’infanzia, ex compagni di scuola persi in giro per il mondo, ex colleghi di lavoro, ex grandi ed unici nonché eterni amori. Tante persone che per un motivo o per l’altro si sono perse per strada e forse, ma proprio forse, a volte un motivo valido per non averle più in agenda ci sarà stato. Utilissimo per farsi adescare da uomini di mezz’età che magari la sera , di nascosto da moglie e figli, chiedono amicizia e fanno proposte a donne alle quali altrimenti non avrebbero il coraggio di rivolgere la parola. Utilissimo per farti sentire in obbligo di scrivere qualcosa di lontanamente intelligente ad intervalli regolari o di commentare con qualcosa di spiritoso un “post” di qualche amico.

Magari zittendo i figli che vorrebbero comunicarti qualcosa di importante mentre tu stai scrivendo qualcosa di completamente insignificante.

E poi diciamolo, la Mangrovie per natura è una solitaria poco propensa a confidenze e convenevoli vari.

E perciò ha deciso di perdere almeno uno dei propri insalubri vizi.

Uscita dal tunnel.

Chi sentirà la mia mancanza sa dove trovarmi.

Dio esiste.

gennaio 11, 2011

( Ed ora ne ho le prove!)
Che sia atea, agnostica, atipica non vi è dubbio. Però oggi, per un attimo, la mia non-fede ha vacillato: ho avuto la prova che Dio esiste. Anzi: ve ne sono addirittura due!
Saranno state le 30 vasche a rana che mi ero appena fatta nella piscina ad alto contenuto testosteronico (orario pausa pranzo, le donne a casa a cucinare, gli uomini in piscina a nuotare). Sarà stato il cloro che mi annebbiava la vista (azz..gli occhialini nell’armadio in fondo a destra), sarà stata l’ipotensione, sarà stato il sudore che colando copiosamente dalla fronte mi annebbiava la vista?
Non so spiegarmi cosa abbia provocato tale visione:
seduta nel bagno turco, tra vapori e calori, con gli occhi chiusi, a qualche passo dalla narcolessia (fatale in questo caso!), sento aprirsi la porta e tra fumi sulfurei, vapori acquatici e rumori di rubinetti che perdono, contorniati da un alone di luce che proveniva dall’esterno, vedo entrare non uno ma bensì due dei.
Direttamente dall’Olimpo.
Due giovani, muscolosi, belli. Nordico uno, mediterraneo l’altro.
Nudi.
Come tutti del resto. Ma in mezzo alla maggioranza di anziani che la mattina affollano la sauna in ricerca di un qualsiasi sollievo dai loro dolori artritici loro parevano…più nudi!
Fiuuuuuu! (il rumore del fiato che viene aspirato per tirare in dentro la pancia).
Mangrovie, non agitarti. Siete solo tre persone in un bagno turco.
Tre – due dei quali dei giovani fauni. E per di più…nudi!
Faccio l’indifferente ed inizio a ripassare i numeri primi (si solito mi rilassa).
Ma la mente viaggia, ed al solo pensiero che i miei pensieri potessero venire captati arrossisco ulteriormente (sono nuda-sudata-rossa-in ipossia)
Chissà se anche loro…?
Ma no, dai! Avranno 15 anni meno di me…
Appunto!
67 – 71 – 73 -79 – 83…
89 – 97 (contare in apnea è difficilissimo!)
Sono arrivata al 317 dopo di che sono scomparsi come sono apparsi. Puff! In una nube di vapore.

Vabbè, per un attimo ci ho creduto.